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Dietro il sorriso dei delfini. Da Flipper al movimento anti-cattività

Galactus Traduzioni - Dietro il Sorriso dei Delfini di Richard O'Barry

“Sono cambiato quando Flipper mi è morto suicida tra le braccia. Uso  il termine con  una certa trepidazione, ma non ne conosco un altro per descrivere l’asfissia auto-indotta.” (Traduzione nostra) da The Samurai Dolphin Man, The Japan Times, 21 febbraio 2017. Richard O’Barry è noto al pubblico di tutte le età come l’addestratore dei delfini della celebre serie Tv “Flipper”. Richard ha sperimentato personalmente cosa significa la prigionia in vasche o recinzioni per questi bellissimi mammiferi: la cattività può portare alla loro morte. Così ha deciso di cambiare radicalmente vita. Oggi si dedica anima e corpo alla riabilitazione dei delfini che riesce a salvare, nella speranza di riuscire a liberarli nel loro habitat naturale: il mare. O’Barry combatte la cattività ormai da 50 anni e, nel tentativo di sensibilizzare il pubblico su questo tema, ha scritto anche due libri.

La traduzione in Italiano di due dei suoi libri da parte di una collaboratrice di Galactus ci ha fornito l’occasione per intervistarlo.

Behind the Dolphin Smile (1989), traduzione italiana Dietro il sorriso dei delfini (2017), è il racconto autobiografico di un giovane cacciatore di delfini che, dopo averli catturati in mare aperto, li consegna ai delfinari. Ma i cetacei in cattività arrivano al punto di lasciarsi morire. Il giovane cacciatore capisce l’errore e promette che dedicherà il resto della sua vita a difendere la loro libertà.

Richard, quando è nato il suo interesse per i delfini? Intendo, la sua curiosità verso questi bellissimi mammiferi.

Ero un bambino alto poco meno di un metro, sulla spiaggia di Miami Beach. Era il 1943. Con i piedi nella sabbia, tenevo la mano a mia madre e ricordo che, guardando verso il mare, abbiamo avvistato i delfini che cavalcavano le onde. Lei ha cominciato a raccontarmi che i delfini nella storia avevano anche salvato la vita a esseri umani. Io non avevo mai sentito parlare, per esempio, di animali che uscivano dalla giungla per salvare la vita di una persona. Ecco, questo ha acceso il mio interesse. Mi è sembrato qualcosa di davvero speciale, perché altro non è che un modo di comunicare. Si tratta di comunicazione tra specie differenti.

Quando è nato il desiderio di proteggere e salvare i delfini?

Con la morte di uno dei delfini che interpretava Flipper.

“Eravamo molto legati, io e i miei delfini, e se qualcosa andava storto, per me diventava una questione personale. Anni dopo, quando Kathy mi morì tra le braccia, con lei se ne andò anche una parte di me”. (da Dietro il sorriso dei delfini, traduzione di Elena Montrasio)

Perché ha deciso di scrivere “Dietro il sorriso dei delfini”?

Come racconto nel libro sono stato arrestato per aver tentato di liberare i delfini di Bimini, alle Bahamas, e ho passato parecchi giorni nel carcere locale. La notizia era ovunque. Anni dopo, mio figlio Lincoln, adolescente, ha trovato in casa la copia originale del Miami Herald con i titoli di testa:

ADDESTRATORE DI FLIPPER FLIPPATO

FALLISCE NEL FAR FUGGIRE IL DELFINO

Il libro è nato dal mio desiderio di dare una spiegazione a mio figlio. Volevo che capisse cos’era la disobbedienza civile e che suo padre non era un semplice vandalo finito in manette. Ma io non sarei andato oltre quello che è poi diventato il primo capitolo del libro.

Quando Keith Coulbourn lo ha riletto, mi ha detto: “Ric, devi scrivere un libro, perché hai una storia dentro di te. Andiamo avanti”. È stato Keith a farmi capire che quello che avevo da raccontare avrebbe avuto tanta risonanza. L’idea di trasformare le mie preoccupazioni in un libro è stata sua.

“Dietro il sorriso dei delfini” è nato così. 

Dietro il sorriso dei delfini ha attirato l’attenzione sul problema della cattività? 

Assolutamente sì! Questo libro ha dato il via a un movimento. Storicamente, prima di Dietro il sorriso dei delfini non esisteva un movimento. La cattività dei delfini non era considerata un problema, non era mai stata nemmeno presa in considerazione prima della Giornata Mondiale della Terra del 1970, quando io ho fatto il primo tentativo di liberare alcuni delfini.

Come spiego nel libro:

“Mi imbarcai su un volo per Bimini, nell’arcipelago delle Bahamas, una mattina di primavera del 1970.  Finalmente avrei fatto qualcosa per i delfini. Molti l’avrebbero giudicato insensato, un atto di vanagloria che non avrebbe sortito niente di buono e che sarebbe presto caduto nel dimenticatoio.

Era quella la ragione per cui non l’avevo detto a nessuno e, in verità, non era ben chiaro nemmeno a me perché lo stessi facendo. L’unica mia certezza era che dovevo fare qualcosa.

Erano gli anni in cui i cittadini provavano a opporsi alle leggi ingiuste, le mettevano in discussione e le infrangevano, pronti ad affrontare le conseguenze del proprio diritto a esprimere un’opinione contraria. Il mio obiettivo era la revoca del provvedimento che permetteva di rivendicare la proprietà dei delfini. Volevo che la gente si rendesse conto di quanto fosse irragionevole sentirsene padroni e, ancor peggio, se mai fosse stato possibile, costringerli a esibirsi in inutili spettacoli privi di senso. È il modo sbagliato di porsi nei loro confronti, perché va contro la loro natura. I delfini appartengono al mare, ed è là che dovrebbero vivere”.

Ecco che cosa ha dato il via al movimento per la liberazione dei delfini. Il libro si inserisce all’interno di questi cambiamenti storici, ne è parte integrante.

Prima di allora, prima della Giornata Mondiale della Terra del 1970, i grandi gruppi non esistevano nemmeno. Non esisteva Greenpeace, non esisteva Sea Shepherd. Nessuno si è mai occupato delle questioni legate alla cattività dei delfini fino a, più o meno, vent’anni più tardi.

Capisci che ci sono voluti vent’anni perché diventasse una questione di interesse pubblico. Prima la cattività degli animali non era considerata da nessuno. Non è stato facile, perché i grandi gruppi deridevano questo tipo di protesta.

“La cattività dei delfini? Ma che razza di problema è mai?”

Non è stato facile, ma con il tempo si è capito quanto soffrano. È diventato un mainstream issue.

Perché le persone dovrebbero leggere Dietro Il sorriso dei delfini?

È una storia unica, scritta molto bene, ed è bellissima.

Quando il libro è uscito le persone mi scrivevano e mi raccontavano che lo avevano letto tutto d’un fiato. Che era quasi impossibile metterlo giù. Ma il credito va a Keith.

Scrivere bene è un’arte, ed è tutto merito suo. Ha saputo raccontare la mia storia senza annoiare la gente con temi difficili da digerire o con troppi personaggi che interrompono lo scorrere delle vicende.

Non voglio che i lettori pensino di trovarsi davanti scene crudeli, come quella della baia del Giappone dove uccidono i delfini. Questa storia si legge come un romanzo autobiografico. È davvero una bella lettura.

Ti dico la verità, ripensandoci, mi piacerebbe aver lasciato fuori dal titolo la parola “delfini” e sto cercando di convincere mia moglie a non utilizzarla nel titolo del suo libro. E sai perché? Perché nelle librerie finiscono per sistemarlo nelle nicchie di categorie meno divulgative, tra i libri di biologia, per esempio.

Quando il libro era ancora in stampa, per trovarlo in libreria dovevi andare nella sezione dei libri sui pesci. Ma qui stiamo parlando di un testo che si legge come un romanzo autobiografico, da sistemare tra pubblicazioni meno settoriali.

Ecco perché tutti dovrebbero leggerlo. È la storia di quel periodo della mia vita in cui ho capito che i delfini devono vivere liberi e non soffrire in cattività  per intrattenere le persone.

Dopo Dietro il sorriso dei delfini è uscito il seguito delle sue incredibili vicende, Per la libertà dei delfini. Pensa di scrivere un terzo libro?

Mi piacerebbe davvero tanto. La storia da raccontare c’è. Finalmente siamo riusciti a creare il primo santuario per la riabilitazione e la potenziale liberazione dei delfini in Indonesia, a Bali. È appena nato, ma sta crescendo. Il nostro gruppo lavora molto velocemente e stiamo già costruendo una seconda recinzione. Se solo fosse meno lontano! Ma gli ex addestratori conoscono quei delfini ormai da sette anni e non hanno bisogno di me. Siamo stati davvero fortunati.

Beh, anche tanti delfini sono stati davvero fortunati a incontrare Richard O’Barry! Grazie per questa opportunità.

Per coloro che volessero saperne di più sul progetto di protezione dei delfini può consultare il sito www.dolphinproject.com