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Traduttori e Santi

Del bellissimo monastero di San Lazzaro degli Armeni abbiamo già parlato in un nostro precedente articolo. Se avete in programma una gita a Venezia, non perdete l’occasione di salire sul vaporetto per andare a visitare la minuscola isola in cui ha sede il monastero. Scoprirete alcuni interessanti elementi che caratterizzano la Chiesa armena e avrete l’opportunità di vedere i preziosi e rari manoscritti qui custoditi. Fra le tante notizie riguardanti la Chiesa armena, tuttavia, una in particolare ha attirato la nostra attenzione: il culto dei “santi traduttori”, di cui parla anche Riccardo Pane in Orientalia Ambrosiana 5, Bulzoni Editore, 2016.

Nella gerarchia cristiana, tradizionalmente, gli apostoli occupano la prima posizione, seguiti dai martiri e da tutte le altre categorie di santi. Nella Chiesa armena invece, tra le prime due, ce n’è una terza occupata, appunto, dai “santi traduttori”.

TRADUTTORI CHE DIVENTANO SANTI

Siamo nel IV° secolo in Armenia. Un monaco, di nome Mesrop Maštocʿ, si fa promotore di un’impresa che stravolge l’identità della nazione armena.

Gli Armeni erano stati convertiti al Cristianesimo da almeno un secolo, ma la gran parte di loro era incapace di capire le letture. Il culto cristiano si svolgeva, infatti, in siriaco o in greco, lingue totalmente straniere e incomprensibili alla maggior parte della popolazione. Il monaco Mesrop Maštocʿ capì che era assolutamente necessario tradurre la Bibbia in armeno. Non era solo una questione religiosa, era anche un problema culturale e linguistico che doveva essere risolto. La popolazione non capiva quello che veniva letto e questo la manteneva in uno stato di ignoranza non solo spirituale, ma anche culturale.

La barriera linguistica poteva essere superata solo con un’ambiziosa operazione che richiedeva la creazione di un alfabeto armeno fino ad allora inesistente. Il monaco cercò senza successo tra gli alfabeti in uso nelle altre lingue, inviò discepoli nei principali centri culturali di area greca e siriaca, finché, si narra, che una rivelazione divina – una mano che incide le lettere sulla pietra –  gli diede l’ispirazione giusta: creare da zero le lettere dell’alfabeto armeno.

L’invenzione dell’alfabeto avviò una sorprendente operazione culturale che ha dato origine alla storia letteraria armena. La prima traduzione riguardò la Bibbia, ma fu seguita da altre traduzioni: il gruppo di discepoli, inviato da Mesrop Maštocʿ nelle capitali della cultura, iniziò a tradurre i principali testi classici della letteratura teologica e scientifica. Con il nuovo alfabeto la conversione al cristianesimo diventò culturalmente e teologicamente efficace, ma soprattutto si combatté l’ignoranza. Tutti gli sviluppi successivi della civiltà letteraria armena trovano le proprie radici nell’intuizione di quel monaco.

TRADUZIONE “ISPIRATA”

Riccardo Pane scrive che il lavoro dei traduttori produsse una traduzione “ispirata” della Bibbia. Gli Armeni venerano i traduttori come dei santi perché, grazie a loro, Dio avrebbe riversato sulla Chiesa armena «la conoscenza celeste e la sapienza spirituale». La traduzione, per il culto armeno, va oltre la semplice interpretazione delle parole in un’altra lingua.

La devozione per i testi in lingua armena arriva a considerare sacro anche il suo “contenitore”, lo stesso supporto cartaceo, il libro, la carta diventano un simbolo. L’attitudine armena al culto del libro sacro è ancora viva e si traduce nella fioritura dell’arte miniaturistica e delle preziose legature dei libri.

Tutto questo non sarebbe stato possibile senza il lavoro dei “santi traduttori” che hanno dedicato tanto tempo e impegno alla traduzione in lingua armena della Bibbia dopo che fu creato un apposito alfabeto.