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Quando la guarigione diventa drammatica

Traduzioni mediche ed errori clamorosi

Abbiamo incontrato Tiziano Cornegliani, medical writer, redattore medico-scientifico e docente al Master di Editoria dell’Università Cattolica di Milano.  Tiziano Cornegliani collabora con Galactus Traduzioni da diversi anni e qui ci racconta la sua esperienza sulla traduzione di un testo di medicina.

Il traduttore di medicina deve essere sempre più specializzato: perché?

Tradurre testi di medicina richiede un’ampia e approfondita conoscenza della materia e della terminologia medica. Molti traduttori arrivano a scegliere un’area specifica perché è impossibile “padroneggiare” in egual misura tutte le branche della medicina. Avremo così traduttori specializzati nella traduzione di testi di farmacologia, altri di immunologia, altri ancori di neurologia…

La conoscenza della terminologia è l’elemento cruciale. La terminologia medica è vastissima, un dizionario di medicina può accogliere da 60 a 100mila lemmi (per avere un termine di paragone lo Zingarelli 2020 ha 145.000 voci), appartenenti a oltre 70 settori specialistici.

Per questo è auspicabile che un buon traduttore di testi di medicina abbia specifiche competenze di base, come una laurea in discipline scientifiche, accompagnata a una formazione continua, per es., master di traduzione biomedica, webinar e seminari o corsi on line accreditati.

Perché è preferibile affidare la traduzione medica a un traduttore specializzato piuttosto che a un medico?

Un medico garantisce sicuramente la qualità scientifica, ma spesso non ha  le conoscenze linguistiche e lessicali proprie di un traduttore, per non parlare della sua esperienza specifica, dell’attenzione alle sfumature della lingua straniera oggetto di traduzione. Certo, poi occorre un attento lavoro di revisione per evitare errori di traduzione talvolta anche clamorosi.

Ci faccia sorridere: quali sono gli errori di traduzione più frequenti che le capita di incontrare nei testi di medicina?

Me ne sono capitati tanti. Mi piace riportarne alcuni per far sorridere il lettore ma anche per ricordare ai traduttori di fare attenzione. I più classici sono quelli derivanti dalla traduzione in italiano con la parola più prossima a quella inglese, cioè i cosiddetti “calchi semantici”.

‘Acetaminofene’, per esempio, non è la traduzione corretta di acetaminophen, che va tradotto con ‘paracetamolo’. Culture non è ‘cultura’, ma ‘coltura’ e lascio al lettore l’esilarante effetto di confondere la cultura con la coltura delle urine.

Delusion non vuol dire ‘delusione’, ma ‘delirio’, così come discrete non si traduce ‘discreto’ ma ‘distinto’ (ricordo le “discrete aree cerebrali” in un testo di neurologia) ed effusion non è una ‘effusione’, ma un ‘versamento’ (come quello pleurico). History il più delle volte non è una ‘storia’, ma è la ‘anamnesi’, il physical examination non è l’esame ‘fisico’, ma quello ‘obiettivo’ e la pituitary gland non è la ‘ghiandola pituitaria’, ma la ‘ipofisi’.

Le cose si complicano quando recovery diventa il ‘ricovero’ anziché la guarigione e dramatic viene tradotto alla lettera, per cui abbiamo una “drammatica guarigione” quando invece si voleva dire che la guarigione è stata significativa, straordinaria, forse imprevista, ma non certo drammatica. Analogamente il paziente non è mai “drammaticamente migliorato”…

Si ricorda altre traduzioni mediche errate che trova spesso nei testi che revisiona?

Una delle mie ossessioni è ‘morbidità’ in luogo di ‘morbilità’: ‘morbidità’, dall’inglese morbidity, non esiste, anche se ahimè l’uso è ormai così comune, così sdoganato, che ormai ci si piega ad esso. Ma è di gran lunga preferibile usare ‘morbilità’ o ‘morbosità’, a seconda dei contesti. Ricordo di avere trovato una ‘morbidità’ applicata alle malattia delle ossa: un vero e proprio… ossimoro.

Ricordo che in un testo i termini input e output, applicati alla sorveglianza di un paziente, vennero tradotti come le ‘entrate’ e le ‘uscite’, riducendo il povero paziente a un conto corrente.

Quindi qual è il suo consiglio per i traduttori?

Bisogna amare questo lavoro, tradurre per passione oltre che per mestiere. La passione porterà, a costo di sacrifici (e anche di spese) a un aggiornamento continuo sia tramite specifici strumenti professionali sia tramite la consultazione della letteratura scientifica, o almeno il tenersi costantemente aggiornati in tema di salute. Bisogna poi “fare rete”, avere colleghi con cui confrontarsi, e medici o medical writer cui chiedere in caso di dubbi.

Come diceva Mark Twain “fai attenzione quando leggi un libro di medicina, potresti morire per un errore di stampa [e di traduzione]”!

Questa chiacchierata ci ha fatto molto piacere. Un ringraziamento a Tiziano Cornegliani che, assieme a Cristina Rigutto, è anche autore del Manuale di redazione medico-scientifica (Editrice Bibliografica, 2015).

Per ulteriori informazioni sulle traduzioni mediche potete consultare le sezioni Traduzioni Mediche e Farmacologiche, Traduzioni di Oftalmologia e Ottica del nostro sito, oltre a Master in editoria ai tempi del coronavirus e Chi è il medical writer? Lo spiega Tiziano Cornegliani.  

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