Carabinieri da eliminare
Un titolo forte, ma azzeccato. L’Appuntato Scelto Q.S. Enrico Cursi l’ha scelto per il libro che ha scritto e pubblicato nel 2018 (Ed. Chillemi). Abbiamo avuto il piacere di intervistare l’autore in occasione di una ricerca d’archivio che Galactus Traduzioni ha condotto per un suo cliente. Il supporto e i chiarimenti forniti da Enrico sulle vicende che hanno coinvolto l’Arma durante la Seconda guerra mondiale ci sono stati di grande aiuto. Lo ringraziamo sentitamente per il tempo che ci ha dedicato e per il suo contributo alla divulgazione di eventi storici che altrimenti sarebbero rimasti chiusi e dimenticati in un archivio.
Alcuni carabinieri erano da “eliminare”. Perché?
Il 25 luglio 1943 viene affidato all’Arma dei Carabinieri Reali il compito di “arrestare” Mussolini. Il Duce venne prelevato e condotto presso la Legione Allievi Carabinieri di Roma per poi essere trasferito in altre destinazioni segrete. Anche se non esiste alcun verbale sull’arresto del Duce, l’operazione fu condotta come una vera cattura. I carabinieri, come noto all’epoca, erano monarchici e rappresentarono quindi per i fascisti e nazisti un “Corpo” estraneo e inaffidabile da “eliminare”. Nel dopo armistizio a Roma, ma anche in altre città d’Italia, i carabinieri combatterono contro la teutonica prepotenza tedesca.
Ci spiega la foto in copertina? Chi è?
Nel corso della ricerca ho consultato prevalentemente gli archivi dell’Ufficio Storico del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri; mi sono anche relazionato con l’Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia (ANRP). Proprio presso questi archivi a Roma, ho trovato delle foto che ritraggono i carabinieri internati nei lager tedeschi. La foto della copertina del libro è stata appositamente scelta per due ragioni. In primo luogo, rappresenta il momento dell’ingresso nel campo, il militare dell’Arma ha infatti un anello, i capelli lunghi, la divisa in ordine. La seconda ragione, che ha prevalso, è dettata dal fatto che sono stato colpito dallo sguardo del sottufficiale. La vita del giovane, Nardone, questo era il suo cognome, sarà spezzata nel ‘44 dalle bombe sganciate dagli aerei alleati. Ogni volta che prendo in mano la foto, lo sguardo del giovane, suscita ancora in me forti emozioni.
Perché ha deciso di scrivere questo libro?
Sarò estremamente sincero. Tutto ha avuto inizio quando mi è passata sottomano la lettera di disarmo dei carabinieri della Capitale, a firma del generale Graziano. Non avevo mai visto e sentito parlare di questa vicenda, accaduta il 7 ottobre 1943. Mi sono posto subito delle domande, alle quali però non ero in grado di rispondere e così ho iniziato la ricerca che ha portato al libro.
Ha intervistato i parenti di quei carabinieri eliminati? Che cosa le ha lasciato l’incontro con loro?
Sono felice che lei mi abbia fatto questa domanda. Una delle cose che credo sia fondamentale nelle ricerche storiche è proprio la testimonianza del reduce o di chi ha vissuto quel periodo. Nel corso della ricerca ho avuto la fortuna di incontrare alcuni parenti e deportati che, con grande generosità, mi hanno accolto nelle loro abitazioni, raccontandomi anche con forti emozioni le loro vicissitudini. Sono profondamente grato a queste persone, anche perché so di aver riaperto delle ferite dolorose.
Perché parla solo di Roma?
La deportazione del 7 ottobre 1943 riguarda solo i carabinieri della capitale. Anche se nel corso della guerra verranno eseguite altre deportazioni mirate ai militari dell’Arma, quella che si consuma a Roma accadde in un modo molto complesso, che nel testo cerco di ricordare. Altro fattore degno di nota è che in quel momento storico anche l’Arma dei Carabinieri era divisa. Una Istituzione che ebbe nei territori in mano ai nazi fascisti, come suo massimo esponente, il generale Mischi, mentre al sud nei territori dell’Italia liberata il generale Pieche.
Su cosa si stanno concentrando le sue ricerche in questo periodo?
Al momento sto lavorando a due progetti che riguardano la resistenza in Toscana tra il ‘43 e ‘44. La prima vicenda riguarda la storia di un carabiniere che offrì la sua vita per salvare quella di altri, mentre l’altra riguarda la storia di una formazione patriottica, costituita da militari dell’Arma, che operò per la liberazione di Firenze.
Lei è soprattutto un Carabiniere, è stato difficile mettersi a scrivere un libro?
Questo testo rappresenta la mia seconda opera e per me scriverlo è stata una vera e propria passione. Come tutte le cose che amiamo, fare la ricerca e la stesura del testo è stata prima di tutto una mia esigenza. Non essendo del mestiere, sono consapevole dei miei limiti. La ricerca ha risentito inevitabilmente degli impegni professionali, ma questo non ha rappresentato un problema, anzi alcune volte le pause sono servite a riflettere e ragionare.
Si è sentito coinvolto emotivamente durante la stesura del libro o nella fase di ricerca?
Assolutamente sì. Le confido che a volte quando mi trovo in una stazione ferroviaria e vedo un treno merci passare penso al trasferimento dei 2000 Carabinieri da Roma ai tre campi detentivi. Per alcuni istanti provo ad immaginare cosa possono aver provato quegli uomini nel corso del loro trasferimento nei lager. Il caldo asfissiante dovuto all’elevato numero di occupanti, la fame, la sete, il dolore per non aver potuto salutare i propri affetti e cosa ancor peggiore non poter aver lasciato alcuna informazione sul loro reale destino e meta di arrivo.
Che cosa può imparare il lettore da questo libro?
Questo libro nasce per ricordare un evento ancora poco conosciuto. Spero che questa ricerca possa essere utile ad altri ricercatori e a mantenere viva la memoria di quei Carabinieri che hanno sacrificato la loro vita per la nostra libertà. “
Un sentito ringraziamento a Enrico Cursi da parte di tutto lo staff di Galactus Traduzioni.